Forza, solidità, e spessore: tutto Marco Odermatt

Nel corso di questi anni attraverso Marco Odermatt, abbiamo assistito all’esatta realizzazione all’interno della vita sportiva di un atleta, del significato vero e proprio di metamorfosi di un fatto che parte dalla nascita di esso stesso come mero desiderio, sino allo svezzamento del medesimo che è andato a concretarsi come vera realtà; il tutto mediante un grande lavoro sotto tutti i punti di vista che, di fatto, ha fatto alzato l’asticella trasformando un grande talento in uno straordinario campione quale lui è.

La prova offerta ieri in quel di Sölden, la seconda vittoria di fila per lui qui in sede d’apertura della Coppa del Mondo che tanto gelosamente custodisce e che, facendo due rapidi calcoli, difficilmente mollerà la sua presa, ci permette di affrontare la tematica circa il classe 1997 nativo di Buochs che ha messo subito in mostra tutte l’argenteria più pregiata del suo repertorio mandando non soltanto un serissimo monito agli avversari sin dal giorno 1 del semaforo verde della stagione agonistica, ma spendendo al mondo il messaggio che questo sport possa aver trovato ancora più seriamente un nuovo dominatore.

Odermatt è stato in grado di affinare le sue armi e le sue tecniche lavorando sia mentalmente sia sulle gambe che sovrastano i suoi sci, è esattamente come una solida quercia che riesce resistere anche agli uragani più determinati a spazzar via ogni cosa, ogni cosa appunto tranne lui, perché decisamente come il punto più alto di una montagna domina pure i singoli aspetti permettendosi di osservar tutti dall’alto in basso con fierezza e determinazione; ma tutto ciò non avviene di certo per caso e all’improvviso, perché Marco ha avuto pazienza e non si è mai risparmiato né in pista né in preparazione, non snaturando certamente la sua essenza positiva e solare da grande ragazzo quale lui è, ma migliorando e alimentando quel fuoco dentro sprigionandolo come un drago che mescola le sue fiamme su un ghiaccio oltre la barriera.

La seconda manche offerta ieri sul Rettenbach dallo svizzero è stata l’apoteosi di un Campione, un campione che sente che la neve non è certamente quella che chiunque preferirebbe, ma che di certo non ha lasciato che lo intimorisse nemmeno al momento di quello sbandamento, sul muro, che avrebbe messo a terra quasi chiunque tranne lui; e seppure qualcuno fosse riuscito a resistere con difficoltà avrebbe incrementato il vantaggio sul secondo soprattutto in condizioni di pista oramai deteriorate dalla temperatura e dal passaggio degli altri atleti, lui no, lui ha trasformato quel punto interrogativo in pura fame di vittoria trasformando lo stesso come l’acuto che lo ha portato sul gradino più alto del podio.

Quel momento può essere indicato come lo spartiacque del campione, perché sebbene vinci già parecchie gare e hai il più importante dei globi sulla tua ancora verde ma già illuminante carriera, comprendi che hai il diritto di percorrere quel percorso dei più grandi perché capisci che le difficoltà non possono metterti fuori gara, ma che ti danno la possibilità di scrivere ancora meglio la storia di quando ogni cosa va per il verso giusto.

Marco Odermatt è un atleta incantevole, uno di quelli che ti fa rimanere incollato davanti al televisore per ora e che non smetterebbe mai di incantarti perché riesce a mescolare la sua tempra alla sua eleganza, la sua forza alla sua classe, e la sua determinazione alla sua solarità perché è uno dei pochi atleti al mondo in grado di comporre un mix tra vari elementi che risulta essere non solo vincente, ma anche come diceva una canzone di qualche anno fa, incantevole.

William Shakespeare affermò che si vive per essere la meraviglia e l’ammirazione del proprio tempo, Marco Odermatt, con la sua tuta biancorossa, ha i crismi per ammirare più di una generazione seguendo i vari pilastri del passato, ma se il futuro rimane un mistero seppur roseo, il presente si inchina a lui come il più puro dei fuoriclasse.

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