Henrik ha rischiato, cambiato, e vinto

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L’essenza di un fuoriclasse la noti non soltanto nei gesti nell’arco del suo compito, ma soprattutto quando intraprende delle scelte che rappresentano per lui un viatico basilare dove snodare la propria carriera: perché percorrere i soliti binari è facile per tutti, prendere delle vie traverse al buio non è da tutti. E Henrik Kristoffersen ha dimostrato per l’ennesima volta di essere un prodigio unico anche in questo.

Il nostro atleta eri ha dato vita ad uno spettacolo assolutamente sublime vincendo lo slalom di Wengen ribadendo, ancora una volta, chi è attualmente il miglior atleta sulla faccia della terra assieme al suo compagno di squadra Braathen (Dove ieri ihanno condiviso tra l’altro il podio), andando a lanciare un serio monito agli avversari anche in ottica iridata. Ma oltre questo, c’è molto di più.

Parlare di Kristoffersen come sempre si è detto su questi spazi non è soltanto un piacere allo stato puro (Considerando la stazza di fuoriclasse quale è), ma bensì anche un meraviglioso privilegio alla luce della sua classe che siamo soliti ammirare spesso e volentieri nelle più prestigiose piste tecniche mondiali: dopo tanti anni difficili il buon Henrik ha trovato il bandolo della matassa e, con una decisione assolutamente coraggiosa, ha dato una svolta ponendo in essere un autentico salto nel buio sostituendo i suoi ben collaudati Rossignol ai piedi per il progetto targato Marcel Hirscher, degli sci realizzati dal suo più acerrimo rivale in pista che tanti dispiaceri gli ha confluito negli anni, e che adesso sembra essere l’arma in più per il norvegese.

Kristoffersen è riuscito a mitigare la sua furia agonistica attuando adesso una sciata più regolare e precisa volta ad attuare migliori performance, e avendo adesso trovato il punto di raccordo ottimale con le sue nuove lamine “Van Deer by RedBull”, abbiamo ritrovato quel campione che a inizio della sua carriera aveva cominciato ad incantare il mondo lasciando presagire un futuro assolutamente roseo.

E così volendo, è anche stato, il suo unico “problema” è stato trovarsi davanti un signore che può essere tranquillamente etichettato come il migliore di ogni epoca e che spesso si piazzava davanti dopo delle prestazioni altrettanto irreali condotte dall’atleta nordico. Il merito che possiamo dare a questo ragazzo è quello di non aver mollato mai di un centimetro, di averci sempre creduto anche nelle più sonore difficoltà, e di non aver mai avuto un briciolo di timore nel fare un salto nel buio abbracciando un progetto nuovo, mai testato, ma con prospettive vincenti.

E la scelta ha pagato: nuovi materiali, nuove motivazioni, rinnovate vittorie: slalom di Garmisch vinto, slalom di Wengen vinto. e nel mezzo tante belle prestazioni tra cui tre secondi posti di fila nelle gare azzurre nei giganti sulla Gran Risa, e nello slalom sulla Tre a Madonna di Campiglio. Non ha mollato, ha resistito, e ha dimostrato ancora una volta al mondo chi possa essere il vero erede di Marcel tra i paletti stretti. E non solo aggiungeremmo noi, considerando però un Odermatt in grande spolvero tra le superfici veloci e la sua competitività anche in gigante.

“La forza mentale distingue i campioni dai quasi campioni” disse Rafa Nadal qualche tempo, un concetto che si sposa bene con Henrik, un campione di quelli puri e veri che non passano di rado nel mondo dello sport.

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