L’importanza di chiamarsi Marcel Hirscher

La grandezza di un campione

Hirscher
This file is licensed under the Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license. – Author: Erisch Spiess

Quando parlo di Marcel Hirscher mi vengono in mente soprattutto tre parole che poi, sostanzialmente, diventano tre qualità in termini assoluti: grandezza, essenzialità, e silenzio.

Quando prendi ciascuna di esse e le metti dentro un “calderone” alla stessa stregua di un grande chef in cucina nell’utilizzo dei suoi migliori ingredienti a disposizione per creare un notevole piatto, avverti immediatamente (Nonostante l’ultima, etimologicamente parlando, faccia riferimento a un esatto contrario) la sensazione di un grande rumore, di un immenso profumo, ossia elementi che portano alla realizzazione di uno straordinario Campione.

Se si prendono singolarmente ciascune di queste tre qualità, non si può far altro che volgere il pensiero alla sciata di questo ragazzo austriaco di 28 primavere nativo di Annaberg Lungötz, un comune di poco più duemila anime situato nel distretto Halleim in quel del Salisburghese specializzato nelle discipline tecniche nello Sci Alpino, aggiungendolo alla stessa stregua dei più grandi campioni sportivi di ogni tempo relegandolo a gesti incredibili come quelli di Federer nel tennis, di Pelé nel calcio, di Jordan nel basket e via dicendo ossia, tutti soggetti che han fatto della loro professione il marchio di fabbrica dell’andare oltre ogni limite. Tutti i soggetti che han raggiunto la caratura dell’eccellenza di base: d’altronde, la menzione stessa affidata al Michael Joffrey più famoso del globo terrestre non è per niente casuale visto che lui stesso disse una delle frasi più mainstream della storia ossia, “che i limiti come le paure spesso sono soltanto un’illusione…

La grandezza di Hirscher la ritrovi subito al cancelletto di partenza: quando vedi immediatamente che quei limiti suindicati, per lui, davvero non hanno modo di esistere: può detenere anche 2 secondi di vantaggio dalla prima manche sul secondo che chiunque proverebbe a gestire scendendo conservativamente, ma chiunque non è lui. Marcel fa la prova rischiando come se il vantaggio fosse sempre minimo assumendosi rischi assurdi, alle volte arrivando a un soffio da una caduta o da una inforcata, ma poi al al traguardo, anche nei casi più estremi, il suo cognome è abbonato quasi alla numerologia dell’uno (Ciò che ha fatto di recedente ad Adelboden è ancora sotto gli occhi di tutti).

L’essenzialità la trovi in lui nel suo non risparmiarsi mai, nella regalità delle sue movenze, nell’eleganza racchiusa dentro la sua forza e la sua determinazione soprattutto sul ripido dove con i suoi sci riesce a fare una velocità che davvero nessuno riesce nemmeno ad eguagliare. Ha in particolare la capacità di rendere il gesto più complicato estremamente semplice anche grazie a una rotondità notevole nella scelta dei movimenti, in un equilibrio solidissimo, e nella certezza delle sue immense qualità tecniche e fisiche. Un lavoro impeccabile e certosino volto a raggiungere sempre il massimo possibile, cosa che riesce solo ai grandi.

Infine il silenzio. E’ uno di quei sportivi che adoro perché non fa parlare mai di sé al di là dei fatti. Nessuna spocchia, nessuna presunzione, nessuna irriverenza. Un Signore (E la S maiuscola non è frutto di errore) dentro e fuori delle piste concernenti il suo lavoro. Un personaggio carismatico e silenzioso che fa dedicare il suo urlo più grande ai suoi gesti tecnici che negli ultimi 7 anni hanno incanto il mondo degli sport bianchi e anche quello in generale. Hirscher è fortemente stimato da tutti i suoi colleghi, anche i più agguerriti suoi avversari come Neureuther, come lo stesso Kristoffersen che, seppur più focoso caratterialmente, non ha mai fatto venir meno parole di stima per il 6 volte vincitore della Coppa del Mondo, come Ligety, come tanti altri. Come praticamente tutti i quali, non han potuto far altro che inchinarsi alla sua grande umiltà anche davanti al gesto più immenso. E la pinacoteca sua personale, in tal senso, è ampia. Già, perché parliamo certamente di arte oltre lo sport.

Perché se fai bene il tuo lavoro, e hai incarnato lo sport come un esempio per te e per tutti coloro che ti seguono e ti ammirano, e sei sempre vicino a chi ti ama, allora hai messo al collo le due medaglie più importanti che possano esistere nella vita: quelle del rispetto e dell’immensa dignità.

Non mi soffermerò a menzionare il suo Curriculum Vitae, sarebbe una perdita di tempo e risulterebbe anche offensivo nei suoi confronti considerando la grandezza oramai acquisita anche alla luce dei prossimi Giochi Olimpici che potrebbero relegarlo al trono assoluto di Re dei Re accanto a un certo Ingemar Stenmark, unica cosa che mancano alla sua ricca bacheca; parlano già per lui 6 titoli mondiali e 6 coppe del mondo di fila.

Si può soltanto decantare la grandezza e la bellezza di quest’atleta che sono andati di pari passo con la sua progressione e la sua classe che ha impresso sulle nevi più importanti del mondo dove lui,  con i suoi sci ai piedi, è stato in grado di mettere le firme più autorevoli come se riuscisse ogni volta a far fermare il tempo con estrema naturalezza.

Nietzsche una volta disse che “un giorno dovrai fare qualcosa di grande: ma per questo devi prima diventare tu stesso qualcosa di grande.”

Niente di più attuale nel tema in questione.

Semplicemente, Marcel Hirscher.