Alina Zagitova: alla scoperta dalla nuova Regina del pattinaggio

A nemmeno 16 anni compiuti alle ultime Olimpiadi già è avvenuta la definitiva consacrazione

Zagitova

Che la Russia ci sappia in fatto di pattinaggio di figura, questa è storia abbastanza nota.

Tuttavia, al di là delle certezze, ci sono spesso dei casi altamente notevoli che  non smettono di stupire solo per il fatto di alzare sempre più l’asticella nonostante la giovane età.

Ci sono delle atlete che a 15 anni sembrano in gara addirittura da una vita evidenziando un talento che nemmeno una veterana: il caso più recente, indubbiamente, è quello di Alina Zagitova.

Alina Zagitova nasce ad Iževsk, non molto lontano dai monti Urali in quel della Russia precisamente nella circondario federale del Volga, il 18 maggio del 2002. Svariati mesi fa non avevamo finito di elogiare Evgenjia Medvedeva che è arrivata questa giovanissima atleta che ha fatto prepotentemente irruzione sul palcoscenico internazionale del pattinaggio di figura sfoderando tutta la sua forza e tutto il suo talento. Un autentico uragano che ha spazzato via tutta la concorrenza senza fare prigionieri, lanciando un serio monito agli avversari nell’immediato futuro.

Il suo stile, è semplicemente PERFETTO. Chi legge può pensare che il tutto possa essere strano in quanto fino “all’altro ieri” abbiamo elogiato quasi con gli stessi termini un’altra atleta, e ora magari si è cambiata opinione… No che non si è cambiata opinione, ma in tempi come questi sembra che le migliorie avvengano tutte in rapida successione una dopo l’altra, atleta dopo atleta, talento dopo talento, e chi viene dopo incredibilmente pone un livello ancora più elevato laddove avevamo pensato di aver raggiunto il massimo.

Un pò come nel rally degli anni 80, o nella F1 del nuovo millennio, dove si pensava di aver raggiunto il limite e poi attraverso studi e lavoro si scopriva incredibilmente la possibilità di varcare soglie ancora più distanti. Ed è questo che sta accadendo attualmente nel pattinaggio su figura.

Quando si vede all’opera Zagitova si ha la sensazione di aver di fronte una farfalla luminosa che vola elegantemente e sinuosamente volteggiando sull’aria per poi atterrare con grazia sui suoi petali che, nel nostro caso, sono le piste ghiacciate più prestigiose del mondo dove sta raccogliendo i giusti tributi ai suoi meriti e alla sua professionalità. La sua eleganza è fuori discussione, e il suo stile è talmente sublime che ha messo d’accordo tutti, addetti ai lavori ed avversari.

La domanda sorge spontanea: come fa un’atleta così giovane ad arrivare già subito così in alto? Di certo il pattinaggio su figura è uno sport molto precoce, questo si sa, ma spesso quando madre natura ti dà un talento incredibile, bruciare ancor di più le tappe risulta la cosa più semplice del mondo da porre in essere.

Alina ha esordito nel circuito internazionale nemmeno due anni fa, nell’agosto del 2016 in occasione della tappa francese del Grand Prix Junior in quel di Saint-Gervais-les-Bains classificandosi in prima posizione precedendo la Sakamoto realizzando il secondo miglior punteggio di sempre in questo contesto di gara con 194.37 punti. Una stagione andata in crescendo che le permise di portarsi a casa anche la medaglia d’argento ai campionati nazionali russi arrendendosi soltanto alla Medvedeva.

Il 2017 però fu l’anno che la mostrò al mondo in attesa dei XXIII Giochi Olimpici di PyeongChang terminati qualche settimana fa: il mondo cominciò a conoscerla definitivamente grazie alla vittoria alla prima partecipazione al Grand Prix senior arpionando l’oro nella finale con 223.30 punti. Un biglietto da visita decisamente pesante considerando che a dicembre alla seconda partecipazione ai campionati russi vince il titolo aggiungendo l’oro all’argento conquistato come detto l’anno precedente, e grazie a tutto ciò la Zagitova ha avuto il pass per la partecipazione agli Europei agevolmente portati a casa attraverso anche il miglior punteggio personale.

Se a 15 anni ti presenti alle tue prime Olimpiadi Invernali con nel CV inseriti freschi freschi il titolo europeo, quello del grand prix, e quello russo, allora non metti soltanto pressione alle tue avversarie, ma cominci a renderti conto che hai tutte le carte in regola per concretizzare qualcosa di straordinario; qualcosa che può andare al di là delle tue più rosee previsioni.

E così è stato, perché Zagitova non ha soltanto dato continuità ai suoi risultati, ma ha creduto fortemente nei suoi mezzi e nel suo talento tanto che a PyeongChang dopo aver vinto l’argento nella gara a squadra, si è consacrata la nuova campionessa olimpica nel pattinaggio di figura andando ad affiancare al sontuoso oro anche il record mondiale nel programma corto con 82.92 punti migliorando il’81.61 fatto registrare da Medvedeva (Medaglia d’argento) quello stesso giorno. Come ciliegina sulla torta si è presa anche la prima posizione nel programma libero.

Incredibile la concretezza e il feeling di quest’atleta con gli appuntamenti finali. Di certo lei e la Medvedeva, detentrice attualmente del record nel punteggio totale e nel programma libera, daranno vita nel prossimo futuro a un dualismo incredibile senza esclusioni di colpi sfortunatamente non a partire dai venturi Campionati del Mondo dal 21 al 25 marzo 2018 nella nostra Milano a causa del forfait della 18enne moscovita campionessa uscente a causa di un problema al piede destro. Un Mondiale che, salvo sconvolgimenti imponderabili ad oggi dell’ultim’ora, dovrebbe consegnare l’iride all’attuale campionessa olimpica la quale, nella sua già prestigiosa bacheca, avrebbe da conquistare soltanto il Torneo dei Quattro Continenti. La sensazione è che ci sarà tutto il tempo del mondo per arrivare anche ad esso.

In definitiva non possiamo far altro che inchinarci davanti all’ennesima perla presentataci dalla scuola russa consapevoli, che, di sicuro non sarà di certo l’ultima in quanto, già siamo atterrati in un’altra dimensione: Alexandra Trusova ,ancora nemmeno 14 anni compiuti ha già scritto una infinita pagina di storia nel pattinaggio di figura divenendo la prima pattinatrice ad aver realizzato correttamente un quadruplo toeloop atterrando su due salti quadrupli nel l programma libero dei Mondiali Juniores realizzati in Bulgaria, a Sofia chiudendo il programma lungo a 153.49 punti.

Se queste sono le premesse, allora possiamo metterci davvero comodi in modo tale da goderci una nuova egemonia da parte di questo paese che anno dopo anno non fa altro che sfornare nuovi talenti da esibire al mondo come delle gemme dell’infinito lucenti più che mai dinnanzi allo spettacolo del mondo.

Alla scoperta dei limiti sulle nevi: lo Sci di Velocità

“Il Chilometro Lanciato” è la Formula 1 degli Sci, uno sport che ha dato e sta dando tanto lustro all’Italia con Vale Greggio e i fratelli Origone

Speed Ski

Quando molti utilizzano il sostantivo “velocità” associato al mondo dello sport, il facile riferimento che comunemente si attua è quello con la Formula 1.

Quando si parla di Formula 1, chi vi scrive non può che associare tale sport alla figura immortale di Ayrton Senna.

Ayrton Senna, si sa, fu più di un pilota perché oltre alle prodezze in pista ha saputo essere un punto di riferimento eccezionale fuori per tutti grazie alla sua immensa classe e il suo infinito stile che travalicò asfalti accarezzando sino ad oggi i pensieri di chi è rimasto affascinato alla sua figura; un giorno il pilota brasiliano, tra i tanti meravigliosi aforismi che ci ha lasciato in eredità e che consiglio di leggere, disse che:

“Ognuno è veloce, in certi momento. Bisogna essere un campione per essere veloce sempre.”

Analizzando questa splendida frase, il tema principale che si scorge è la costanza. Attraverso essa si possono ottenere risultati in rapida successione e arrivare in vette difficilmente raggiungibili con l’ordinario. Certo, è difficile mantenere costante una velocità, ma c’è uno sport dove tutto questo è possibile…

Dove la velocità non è soltanto la base per l’ordinario, ma anche l’elemento chiave per lo straordinario che ti consente di andare non soltanto al di là di una graduatoria, non soltanto al di là di obiettivi prefissati, ma di consegnarti anche nella leggenda schizzando nel mito: stiamo parlando dello Sci di Velocità noto anche come Chilometro Lanciato o, in una etimologia più moderna, Speed Ski.

Lo Sci di Velocità consiste nello scendere da un pendio in forte inclinazione in modo tale da arpionare in gara quella che è la massima velocità che viene rilevata nel punto più basso della pista.

Tale sport nacque Svizzera negli anni 30′ dove il primo nome celebre corrispondente allo stesso è quello di Leo Gasperl, uno sciatore alpino austriaco che stabilito il primo record ufficiale facendo segnare una velocità pari a 136 km/h. Da lì scoccò una scintilla che avvicinò parecchi atleti a questa specialità portando molti alla ricerca del record, un record poi passato nelle mani del nostro leggendario Zeno Colò che dopo il secondo conflitto bellico nel 1947 si prese il record arrivando a 159,292 km/h aggiungendo un altro lustro alla sua prestigiosa bacheca.

Nel tempo gli stili sono mutati e le tecnologie han dato una mano sempre più accentrata per spingersi oltre grazie a materiali sempre più performanti che han fatto il paio con il talento degli atleti, e i record passarono di mano in mano anche ancora azzurre soprattutto con Alessandro Casse che ne stabilì ben due a distanza di due soli anni, ma dopo svariate primavere un vero punto di svolta si ebbe nel 1978 quando a Portillo in Cile, Steve Mc Kinney andò a superare il muro dei 200 km/h facendo segnare la velocità di 200,22 km/h.

Con estremo rammarico bisogna affermare che, almeno per adesso, lo Sci di Velocità non è uno sport olimpico sebbene nel 1992 ai Giochi di Albertville fu presente a scopo puramente dimostrativo e i risultati furono pure notevolissimi considerando che in quel del maschile con il francese Michael Prufer, e in quel del femminile con la finnica Tarja Mulari in entrambi i casi si stabilirono anche i nuovi record mondiali. Decisamente un vero peccato privare la gente di questo grande spettacolo e soprattutto fior fior di atleti alla possibilità di una sacrosanta consacrazione olimpica.

Un’altra tappa importante fu il 2002 quando la FIS istituì la Coppa del Mondo di Sci di Velocità dove la vittoria andò per la prima volta all’elvetico May tra gli uomini e alla francese Dobouchet fra le donne.

Nel contesto di Coppa, occorre distingue due categorie: qui si assegnano i titoli suddivisi nelle categorie Speed Downhill (SDH o S2 dove non vengono più assegnati punti e sfere di cristallo per la Coppa del Mondo) dove si gareggia con la tuta da sci alpino, e Speed One (S1) dove invece vengono utilizzati i materiali specifici per lo sci di velocità, unica categoria tra l’altro dove si gareggia anche in ottica del Campionato del Mondo.

Al giorno d’oggi la scelta dei materiali è a dir poco fondamentale in questa epoca: basti pensare che le tute e i caschi di S1 vengono realizzate attraverso un lavoro e uno studio minuzioso di anni attraverso test specifici effettuati nelle gallerie del vento in modo tale da assicurare agli atleti la miglior prestazione per cercare di migliorare sempre di più i loro limiti di gara.

Le competizioni di coppa si effettuano su una base di tre giorni più dove non possono essere eseguite più di tre discese denominate “runs” al giorno per ogni atleta e, ogni qualvolta che viene superato o parificato un record mondiale, la gara si interrompe alla chiusura della run in cui si è effettuato il tutto.

Uno sport tanto bello quanto affascinante, ma soprattutto in un’ottica prettamente egoistica ricca di soddisfazioni per i nostri colori azzurri. Già in questo spazio abbiamo parlato dei successi che continua a deliziarci dal 2015 la nostra Valentina Greggio tra le donne tra record del mondo, titoli mondiali e Coppe del Mondo, mentre tra gli uomini cosa dire dei fratelli Origone? Di Simone che per tre volte abbassò il record del mondo e che ha portato a casa 6 medaglie mondiali tra cui 5 d’oro e 9 Coppe del Mondo relegandolo nella leggenda più totale come uno dei migliori sciatori di tutti i tempi, di Ivan attuale detentore del record di velocità con 254,958 km/h, più un titolo mondiale e due sfere di cristallo.

Lo Sci di Velocità è la disciplina bianca PIU’ VINCENTE degli ultimi anni. Dei risultati sensazionali frutto del talento e della serietà dei nostri atleti che hanno riscritto, stanno scrivendo, e son certo riscriveranno ancora immense pagine della loro specialità e dello sport in generale. Numeri, fatti, che non possono in alcun modo essere messi in discussione alcuna.

https://www.youtube.com/watch?v=QEFwouJsUNk

Degli atleti incredibili preparati nel dettaglio che da anni si dedicano anima e corpo nello sviluppo e anche nella promozione di questo sport, dando lustro al nostro paese e che meriterebbero senz’altro maggior visibilità visto l’impegno e i risultati che danno ogni volta sempre di più.

Immaginate di essere sganciati su dal pendio e di scendere sempre di più assumendo una velocità di una F1. Soltanto che qui non ci sono vetture da guidare, ci sei soltanto tu con ai piedi un paio di sci e al tuo fianco la pura e nuda rapidità… Quella che tocchi con mano veramente e che cerca di accompagnarti sino al traguardo finale, sino a quegli ultimi 100m dove viene rilevata la tua misura.

Preparazione fisica di sicuro, ma anche tanto coraggio e una immensa passione che tantissimi atleti ogni giorno imprimono facendo sognare il mondo e se stessi alla ricerca di una soglia da varcare per griffare la storia con la penna più autorevole e più sensazionale: quella della velocità.

La domenica bianca nell’autentico e lucente segno della Norvegia

Per i colori azzurri intanto grandissima vittoria per Omar Visintin nello Snowboard e un secondo posto fantastico per Vittozzi nel Biathlon

Bjorgen

Grande Norvegia.

Forte, immensamente, lucente Norvegia.

E’ il paese scandinavo l’autentico protagonista della domenica bianca nelle varie discipline invernali.

Prima di passare nello specifico andiamo con una gran bella notizia azzurra: weekend notevolissimo nello Snowboard per il nostro Omar Visintin il quale, dopo aver ieri arpionato uno splendido terzo posto, oggi in autentica scivolata sulla linea del traguardo porta alla vittoria l’Italia sulla gara a coppia oggi condotta assieme a Perathoner. Senza dubbio degli ottimi segnali in questo sport per i nostri colori che continuano a sorprendere ed a stupire ogni volta sempre di più.

Da un podio all’altro, e qui siamo nel Biathlon femminile: arriva il miglior risultato in carriera per la meravigliosa Lisa Vittozzi a Kontiolahti nella Mass Start di 12,5km di Biathlon con un FENOMENALE secondo posto che chiude una due giorni assolutamente indimenticabile per i nostri colori azzurri. L’apoteosi si realizza nell’ultimo poligono dove Lisa e la Chevalier sbagliano un colpo a testa e poi, su gli sci, la nostra atleta brucia nel finale la transalpina e va a conquistare un altro podio dopo quello di ieri che, ricordiamo, regalò anche la sfera di cristallo all’Italia. La vittoria invece è andata alla tedesca Vanessa Hinz che ha portato a compimento una gara magistralmente condotta soprattutto nella fase centrale con una solidità notevole al poligono e sugli sci.
Nella mass maschile invece gara a Julian Eberhard che dimostra di essere a propio agio oramai anche in questo format oltre che alle sprint, ma soprattutto grandissima gara di Martin Fourcade oggi un autentico cecchino che si prende l’ennesimo podio stagionale chiudendo secondo allungando in classifica contro Johannes Boe oggi autore di una prestazione incolore. Terzo posto per Anton Shipulin che era in lotta sino alla fine ma una caduto lo costringe al gradino più basso del podio. Settimo e tredicesimo rispettivamente Windisch e Hofer per i nostri colori.

Tornando alla Norvegia, nello Sci Alpino è Il giorno di Kjetil JansrudIl Campione norvegese vince il Super-G di Lillehammer e porta a casa la Coppa del Mondo di specialità davanti al suo pubblico a coronamento ancora una volta di una splendida carriera. Jansrud ha chiuso in 1’33”21, precedendo di 22 centesimi lo svizzero Beat Feuz, sul podio come ieri, e 34 il compagno di squadra Adrien Sejersted.Attardati gli italiani tutti fuori dai primi 10, migliore Innerhofer che chiude tredicesimo.

Nello Sci di Fondo celebriamo l’ennesima perla di una delle migliori atlete di tutti i tempi dello sport in generale: leggendaria Marit BjørgenLa più grande fondista di tutti i tempi scrive ancora una volta una memorabile pagina di storia dello Sci di Fondo andando a conquistare per la settima volta nella sua vita la 30km ad Oslo mandando in autentico visibilio il pubblico di casa.Incredibile la rimonta di Marit che a metà gara pagava più di 30′ di ritardo dal gruppo di testa. Negli ultimi 5km si è letteralmente scatenata rimontando prima e poi imponendo un ritmo imprendibile andandosene a conquistare l’ennesimo trionfo a 37 anni.Sul podio finisce seconda una meravigliosa Jessica Diggins e l’altra norvegese Haga. Marit, non ritirarti mai: il mondo è cambiato, ma tu no esattamente come han detto in cronaca Gadin e Valbusa.

Grande competizione anche nel Salto con gli Scila Coppa del Mondo femminile è oramai un affare di Maren LundbyLa campionessa olimpica norvegese domina la gara davanti al suo pubblico vincendo la competizione sul LH con un punto HS134. Gara assolutamente vinta per dispersione con un punteggio di 262.7 che le ha permesso di demolire le avversarie a partire già dalla seconda posizione, con conquistata dall’austriaca Daniela Iraschko-Stolz (231.2) e della giapponese Yuki Ito (229.7). Attardate le nostre azzurre.
In quel degli uomini 
vittoria a Daniel-André Tande che ribadisce il dominio per adesso norvegese in questo contest di gara e realizza una due-giorni notevolissime con due vittorie per la nazione nord-europea. Tande vince la gara in rimonta dopo aver chiuso la prima serie soltanto ottavo. Come spesso accade, poi, e come il fuoriclasse di Narvik ha rimontato nella seconda e con un secondo salto da 132 metri, lo stesso ha totalizzato 258.1 punti che gli hanno permesso di portare a casa la sua quarta vittoria in carriera in Coppa del Mondo. Secondo e terzo si classificano rispettivamente Stefan Kraft (256.7) e Michael Hayboeck (255.6) che portano in alto i colori austriaci dopo una stagione piuttosto sottotono confermando le posizioni acquisite qui in quel della prima serie.

Si chiude così un grande weekend di gare a dir poco emozionante di Coppa del Mondo che ci ha regalato soddisfazioni notevoli per i nostri colori italiani.

Appuntamento per la prossima, soprattutto con lo Sci Alpino, con le finali svedesi ad Äre.

La giornata di Coppa del Mondo: lo Sci si inchina davanti a Mikaela Shiffrin

Grande Italia con Michela Moioli e con la Staffetta Mista nel Biathlon che porta a casa ben due Coppe di Cristallo!!!

Shiffrin

Grande, grandissima giornata di sport oggi con la Coppa del Mondo in varie specialità che comincia a porre in essere i primi verdetti.

Partiamo intanto con lo Snowboard Cross dove la nostra meravigliosa Michela Moioli campionessa olimpica, con il secondo posto arpionato oggi con una gara meravigliosa sin dalle qualifiche che si conclude dietro solo alla Samková, porta a casa la Coppa del Mondo bissando il successo di due anni fa. Un risultato incredibile che fa il paio con la medaglia d’oro conquistata a PyeongChang che dimostra che, attualmente, è lei la migliore sulla faccia della Terra su questa specialità. Grandissima Michela in una giornata dove, si festeggia anche il terzo posto di Omar Visintin in quel di Mosca.

Circa lo Sci Alpino, mai sparlare troppo una Regina nei momenti complicati, perché quando meno ce lo si aspetti essa torna sempre a ribadire il suo dominio.

Mikaela Shiffrin conquista lo slalom di Ofterschwang, vince la quinta coppa di specialità dopo quella generale di ieri, ed entra ancor di piùnella storia dello Sci Alpino arrivando a quota quarantadue trionfi a 22 anni. Record assoluto. Una due giorni incredibile che riscattano la fuoriclasse del Colorado dopo una seconda parte di stagione un pò in ombra. Completano il podio una strepitosa Wendy Holdener che si inchina alla statunitense per pochissimi centesimi proprio alla fine, e la campionessa olimpica uscente Frida Hansdotter.

Continua il feeling con la velocità per Thomas Dressen che a Lillehammer Kvitfjell in quel della Norvegia prende la seconda vittoria in carriera dopo il trionfo a Kitzbühel il 20 gennaio in discesa libera. Il classe 1993 di Garmisch-Partenkirchen precede il leader di specialità Beat Feuz di 8 centesimi e Aksel Lund Svindal di 17. Solo quarto Kjetil Jansrud. Pubblico di casa quindi che non vede i propri beniamini propriamente protagonisti. Buona gara per Christof Innerhofer che chiude quinto in classifica. Fill chiude anticipatamente la stagione per un problema fisico, attardati invece Paris e Buzzi.

HAMMER Akito Watabe in quel di Oslo per la Combinata Nordica. Il forte combinatista nipponico vince una gara con notevole sontuosità e rafforza il vantaggio in classifica nei confronti del norvegese Schmid in queste ultime gare di Coppa del Mondo. Watabe ha fatto la differenza nel last lap nella gara sugli sci dopo aver chiuso al secondo posto in mattinata nel salto a 28” da Riiber, e arpiona il sesto successo stagionale che sa un pò di ipoteca in classifica finale. Seconda piazza per il tedesco Fabian Riessle che chiude al secondo posto a 15”5 dalla testa della classifica precedendo Mario Seidl alla migliore gara probabilmente della sua carriera, che batte nel finale lo stesso Jan Schmid con quest’ultimo che va a complicare notevolmente le sue velleità finali. Gara amara per Pittin che chiude fuori dalla zona punti.
 
Nello sci di fondo è andata in onda la durissima e devastante gara distance per eccellenza, ossia davanti ad un pubblico nordico in tripudio la 50km TC maschile dove a prevalere è stato Dario Cologna che vince una gara a dir poco sontuosa davanti al compagno di squadra Sundby. Completa il podio il russo Maxim Vylegzhanin a 1,1 secondi. Staccatissimo in quarantesima posizione Klæbo che ancora deve migliorare sulle gare distance e gli italiani.
Nel salto con gli sci oggi giornata solo al maschile, dove è stato svolto il team event ad Oslo sull’Holmenkollen con HS134 dove la vittoria è andata alla squadra norvegese padrona di casa e del trampolino che vince per dispersione la gara davanti alla Polonia e all’Austria.

Infine, giornata di misto nel Biathlon: nella single mix si è visto prevalere la Francia composta da Anais Chevalier e Antonin Guigonnat in quel di Kontiolahti, valevole per la Coppa del Mondo di biathlon 2018. Grande gestione di gara per i transalpini che fanno loro la battaglia sportiva odierna relegando al secondo posto un’ottima Austria con Lisa Theresa Hauer e Julian Eberhard a un distacco 2.4 secondi, terza la Norvegia con Marte Olsbu e Johannes Boe che a 4.4 secondi con vari errori al poligono. Sesto posto all’Italia (Federica Sanfilippo e Thomas Bormolini) a 21.5 secondi che chiude una buona gara contrassegnata comunque da pochi errori al poligono.

Nella staffetta mista invece…

L’ITALIA SI PORTA A CASA VITTORIA E COPPA DI SPECIALITA’!!!!
 
Nella staffetta mista è l’Italia a Kontiolahti a vincere la gara e la coppa di specialità in una gara leggendaria che entra di diritto nella storia del Biathlon a conferma di come il nostro movimento sia in crescita. Un grandissimo Hofer nella parte finale ha fatto la differenza arrivando davanti all’Ucraina e alla Norvegia che con il terzo posto di Tarej Boe compromette la conquista della sfera di cristallo.
Oggi più che mai, è GRANDE ITALIA!!!

L’Icaro dagli occhi di ghiaccio: Matti Nykänen

La forza, il talento, la sicurezza, la vittoria.

Nykanen

Estremo.

Ecco l’aggettivo che si può utilizzare nei confronti di Matti Nykänen.

Estremo dentro e fuori il trampolino. Ma estremamente efficace. Talmente efficace da essere stato a cavallo dei fantastici anni 80′ l’assoluto dominatore del Salto con gli Sci maschile.

E’ dura stabilire oggi chi sia tra lui e Kamil Stoch (Di cui prossimamente ne parleremo…) il più grande saltatore della storia… Ciò che ha mostrato alle ultime Olimpiadi il polacco è sotto gli occhi di tutti e la sua classe e la sua maestosità in volo fanno chiaramente intendere che se non è stato ancora effettuato il sorpasso, la freccia è accesa e gran parte della “vettura” è un bel pò avanti.

Però Nykänen è stato unico, e senza dubbio è stato il precursore nonché il punto di riferimento per tantissimi saltatori di quel periodi e di oggi. Lo stesso Stoch, o più giovani Wellinger, Kraft, Freitag, e via discorrendo… Provate a chiedere a ciascuno di essi cosa fosse per loro Matti Nykänen. Poco ma sicuro, alcuni di loro il poster in camera lo hanno avuto per un bel periodo di tempo.

Ma chi era questo finlandese dagli occhi di ghiaccio? Di sicuro si può esordire, tagliando ogni dubbio che era un fuoriclasse di quelli assoluti; si aveva la sensazione che avesse in mano per certo la possibilità di fare sempre oltre il massimo stabilito in precedenza. Sempre, lo si intuiva dallo sguardo; si dice che gli occhi siano lo specchio dell’animo e, se realmente è così, in quello di Matti c’era sicuramente un vulcano in escandescenza.

Nato a Jyväskylä, una importante città del meridione finnico affacciata a due laghi, il Päijänne e il Keitele più di 57 primavere fa, appena andò ad esordire nella categoria juniores l’avvento fu di quelli col botto, perché andò a vincere immediatamente i  Campionati del Mondo del 1981 cui fece seguire nell’anno successivo la prima delle 44 vittorie complessive in Coppa del Mondo che andrà a dominare per parecchi anni.

Un predestinato, un atleta forte, non può che presentarsi in questo modo quando ha le intenzioni più che chiare di segnare un’epoca e diventare per le generazione in avanti un autentico punto di riferimento. La cosa gli è riuscita “abbastanza” bene perché dal 1983 non ci fu più storia: in un anno conquistò la sfera di cristallo e la prestigiosa Tournée dei Quattro Trampolini (Serie di gare che si realizza ogni fine di dicembre sino agli inizi di gennaio che si svolge in Germania e in Austria precisamente a Oberstdorf, Garmisch-Partenkirchen, Innsbruck, e Bischofschofen il cui vincitore porta a casa l’aquila d’argento), e il bronzo ai mondiali di volo.

L’anno dopo fu il tempo delle Olimpiadi, in quel di Sarajevo nel 1984, e lì fu la sua più grande consacrazione, in quanto in pochissimo tempo mostrò al mondo di cosa fosse capace di fare vincendo la medaglia d’oro dal trampolino lungo e l’argento su quello normale, prendendosi poi anche il titolo mondiale a Engelberg nella gara a squadre, unica prevista all’ora in quel format. Nell’85 compì di già anche il grande slam prendendosi il Mondiale di volo completando una bacheca incredibile degna di un fenomeno piovuto dal nord-Europa che fece tremare l’intero circolo del Salto per tanto tempo.

Un atleta a dir poco incredibile che rendeva possibile davvero impossibile, che sembrava quasi che le condizioni avverse lo eccitassero sportivamente oltre ogni misura spronandolo sempre ad alzare l’asticella  e che in tali situazioni rendesse ancor di più al meglio.

Gli ostacoli non lo impaurivano anzi, accendevano quel fuoco dentro ancor di più alimentandolo oltre ogni misura senza lasciare trapelare fuori nulla. Tipico di molti atleti nordici è vero, ma pochi senza dubbio con un talento del genere.

Talento che si esprimeva sin dalla fase di slancio concentrando tutte le sue sensazioni all’interno di un’unica grande bolla d’emozione, quella volta a conquistare un’altra vittoria, uno stacco sempre molto preciso, una fase di volo mai imprecisa (O quasi mai, soprattutto negli anni d’oro in particolare il 1988) ma estremamente efficace con sci perennemente in parallelo, per poi atterrare con estrema freddezza ma allo stesso tempo forza con telemark incredibili e molto spesso anche regali oltre misura.

https://www.youtube.com/watch?v=RTJW1L8kdTU

Era in grado di bilanciare TUTTO. Naturalmente, col tempo, la tecnica è mutata e gli stili sono cambiati (Probabilmente a partire già dal 88′ con il suo rivale svedese Boklov che alla tecnica classica preferiva le punte degli sci maggiormente più divaricate in modo tale da ricercare più portanza per volare più lontano, cominciando a mettere sul banco un passaggio di consegne in quel della tecnica) facendo evolvere come nella normalità della vita uno sport verso altri bacini, ma raramente troveremo qualcuno che conducesse due gare contemporaneamente, quella dentro con la sue emozioni e quella fuori con la competizione fondendole l’una con l’altra per poi tradurle in una spinta incredibile. Probabilmente Stoch si avvicina estremamente in questo.

A fine carriera si conteranno 5 medaglie olimpiche tra cui 4 d’oro, 6 titoli del mondo (5 di salto e 1 di volo), e 4 Coppe del Mondo di Salto senza contare i numerosi record allora concretizzati. Il post sportivo non è stato sempre dei migliori e fu oggetto spesso anche di guai con la giustizia anche di caratura notevole, dopo fece anche con un buon successo anche il musicista, ma analizzando semplicemente l’atleta non possiamo che non decantarne le lodi e l’incredibile passione che ci metteva in ogni salto andando a scrivere una storia immensa per lo sport.

Nel tempo si sono succeduti tantissimi altri grandi atleti, ma in pochi si sono avvicinati a una simile concretezza. 

Circa 10 anni fa tornò a saltare nella categoria senior, vincendo in poco tempo due ori e un bronzo. Questo cosa significa? Beh un concetto abbastanza semplice da recepire: ed esso recita che il tempo passa, il fisico ovviamente muta, ma lo stile nello sport coniugato alla tecnica sono come le pagine poste in essere all’interno della storia: rimangono.

L’Icaro dagli occhi di ghiaccio: Matti Ensio Nykänen.

https://www.youtube.com/watch?v=T0-oLFlA4NQ

Sci di Velocità ancora nel segno dell’Italia: super Greggio ed Origone

Nella massima disciplina di velocità bianca, l’unico colore a risplendere è quello azzurro

Valentina Greggio

Nello Sci di Velocità a dettare legge è sempre una nazione, l’Italia, che con i suoi fuoriclasse pone il tricolore sulle vette più rapide delle località sciistiche mondiali.

I nomi sono sempre gli stessi, Valentina Greggio e Simone Origone confermano di essere anche in questa Coppa del Mondo i leader assoluti della disciplina veloce portando a ogni gara margini di distacco sempre più ampi.

In questo inizio settimana era in programma una tre giorni notevole in quel di Sun Peaks in Canada, per la terza tappa dell’edizione 2018 della Coppa del Mondo dopo gli appuntamenti europei di Vars e Salla.

Partendo dalle donne, strepitosa tripletta per Valentina Greggio che in 3 giorni centra 3 vittorie portando a 23 i trionfi consecutivi sin qui realizzati; una tabellina di marcia impressionante dell’atleta nativa di Verbania che dimostra ancora una volta di essere la donna da battere e l’atleta più veloce del pianeta; nella prima giornata di gare ha fatto segnare  la misura di 164,35 km/h andando a precedere la francese Celia Martinez e la nipponica Shimbo; nella seconda giornata il copione non cambia in quanto la stessa va a battere nello stesso ordine le medesime avversarie aumentando di poco la misura chiudendo a 164,74km/h; l’happy-end si realizza ieri con una tripletta a dir poco fenomenale che consente a Valentina di rimanere a punteggio pieno grazie al trionfo con la misura di 165,72 km/h. Con questo trittico fantastico la nostra azzurra aumenta il divario in classifica portando il divario dalla seconda di ben 140 punti.

E’ grande Italia anche nel settore maschile con Simone Origone che vince 2 gare su 3 e prende il volo in classifica: nella prima giornata la vittoria è andata di misura all’austriaco Kramer che fa stampare 167,85 km/h; esso è l’unico che in questa stagione ha interrotto la sequela di vittorie dell’atleta aostano, vincendo la gara numero due in stagione dopo quella di Vars precedendo nell’ordine il nostro Simone e ai piedi del podio il fratello Ivan; nelle giornate successive Origone poi si è scatenato letteralmente facendo sua gara 2 con 168,90 km/h precedendo lo stesso Kramer e il britannico Farrell, e gara 3 con  169,26 km/h mettendosi alle spalle l’austriaco e il fratello Ivan che colleziona due terzi posti in tre giorni dimostrando anch’esso di essere in estrema forma. Simone Origone con queste vittorie porta a 40 distanze da Kramer la sua leadership.

Il prossimo appuntamento, sperando sia dipinto ancora una volta di tinte azzurre, si terrà il 16 e il 17 marzo a Idre Fjäll, in Svezia, per la quarto appuntamento di Coppa del Mondo.

La velocità è sempre nel segno dell’Italia.

 

Virtue-Moir: la coppia che ha fatto danzare il mondo sulle ali delle emozioni

Alla scoperta dei migliori danzatori che il mondo abbia mai visto all’opera.

Virtue-Moir

“Ci vuole un’atleta per danzare, ma ci vuole un’artista per diventare una danzatrice.”
  (Shanna La Fleur)

Premessa: la danza con il pattinaggio di figura non c’entrano davvero nulla. Non siamo nell’ambito di due discipline differenti ma addirittura di sport diversi. Movimenti, esecuzioni, tipologia di salti, tecnicismi… Siamo davvero all’interno di due binari i quali, sebbene si svolgano sulla medesima pista, non si incontrano mai nello svolgimento delle proprie attività.

Una cosa in comune però oltre la pista la posseggono: la capacità di donare emozioni e di far venire la pelle d’oca alla realizzazione di determinati programmi.

Questo capita spesso e volentieri quando ti trovi ad osservare una serie di atleti totalmente speciali cui risalta immediatamente alla comprensione umana il fatto che abbiano le capacità di scrivere “discrete” pagine di storia: nel caso di specie ci si riferisce ai canadesi Tessa Virtue e Scotte Moir, ossia la più grande coppia di danzatori su ghiaccio della storia.

La danza ha il potere non solo di unire una coppia per realizzare al meglio un gesto sportivo, ma anche di unire in un unico vortice un lavoro in grado di produrre emozioni in sede di catena di montaggio, esattamente come una fabbrica quando va a creare qualcosa, ecco loro hanno creato la Storia, e la S espressa in maiuscolo non è di certo un errore ortografico.

Entrambi sono nativi della stessa città, ossia di London, comune situato in Canada nella parte sud-ovest dell’Ontario; Tessa è classe 89′, Scott invece è due anni più grande, del 1987.  Questa coppia leggendaria della danza ha iniziato la sua storia nell’oramai lontano 1997 quando iniziarono a danzare insieme e da lì a pochi anni cominciarono a calcare le platee juniores facendo cominciare a capire che avessero un qualcosa di più rispetto a tutti gli altri: la prima soddisfazione arrivò nel 2003 con un primo bronzo ai campionati canadesi cui seguirono, successivamente, due medaglie d’argento e d’oro rispettivamente nel 2005 e nel 2006 ai Campionati del Mondo di categoria.

Il richiamo della danza a livelli senior non poteva più attendere, e fu proprio in quell’anno che iniziò la leggenda di questi due grandi atleti schizzata oramai nel mito alla conclusione delle ultime Olimpiadi svoltesi in Corea del Sud dove è andato in scena il programma migliore mai visto nella storia che, oltre alla medaglia d’oro, gli ha consentito di siglare il record con 83.67 punti, una cosa mai vista prima.

Una comunità di intenti che col tempo si è consolidata andando a comporre dei programmi unici che han deliziato le platee di tutto il mondo per oltre una decade, che ha vissuto momenti alti e bassi, ma che in questi ha trovato sempre nuove e superbe motivazioni tali da spingere entrambi nella massima espressione delle bellezze di un gesto sportivo e anche oltre.

Dannatamente e incredibilmente unici.

Virtue e Moir hanno portato la danza a dei livelli difficilmente pensabili tanti anni addietro diventando la prima coppia al mondo a vincere 3 medaglie olimpiche (2 individuali d’oro a Vancouver e come detto in Corea  e una a squadra sempre in USA nel 2010, e una d’argento a Sochi nel 2014), tre Mondiali (nel 2010, 2012, 2017), e tre Tornei dei Quattro Continenti (2008, 2012, e 2017).

Ciò che rimane delle grandi figure sportive più che delle loro imprese, è la capacità di rinnovarsi e di dimostrare a tutti ancora a ridosso degli anni che si è ancora in tempo per compiere autentiche magie e ritornare nel pezzo. Dopo Sochi, dopo quell’argento, si era detto troppo frettolosamente che per la coppia canadese era giunta l’applicazione nei loro confronti di un titolo di un famoso film hollywoodiano, ossia “Il viale del tramonto”, ma come spesso accade la critica fa troppe volte i conti senza tener conto dell’oste.

Nel febbraio 2016, la coppia ritorna a gareggiare dopo la non partecipazione ai Mondiali del 2014; i canadesi hanno in mente un piano notevole per la danza e per lo sport in generale: si sono semplicemente messi in testa di scrivere la storia.

La cosa gli è riuscita abbastanza facilmente: il primo acuto lo realizzano al Grand Prix di Skate Canada vincendo l’oro con un punteggio totale di 189.06. Poi successivamente la vittoria all’NHK Trophy in terra nipponica dove realizzano i record in programma individuale e in corto poi, sensibilmente migliorati dopo poche settimane al Grand Prix, portato a casa per la prima volta fermando il punteggio, per poi arpionare  il loro nono titolo nazionale e il loro terzo titolo ai campionati dei Quattro Continenti.

Non è finita qui, perché il miglior modo di presentarsi agli appuntamenti olimpici è la partecipazione ai Campionati del Mondo di Helsinki, dove stravincono migliorando nuovamente il loro record del mondo nella danza con 82.43 punti davanti ai campioni del mondo dell’anno precedente, Gabriella Papadakis e Guillaime Cizeron, coppia francese.

Parlando in termini tennistici, realizzano semplicemente il grande slam: per la prima volta in carriera, vincono tutte le gare a cui prendono parte nel corso della stagione.

Il resto, a PyeongChang, è storia nota ed anche di caratura enciclopedica visto l’oro su menzionato e il record del mondo che è andato a suggellare il miglior programma mai visto.

Le storie che ci può regalare lo sport sono infinite, e a renderle tali sono alcuni personaggi che ti danno la sensazione netta di poter fermare il tempo attraverso la loro immensità e l’assoluta voglia di dimostrare ancora e ancora di esserci.

Non solo nelle medaglie, ma soprattutto, nelle emozioni da donare a tutti coloro che ti osservano.

Questo è l’emblema che rappresenta Virtue e Moir. Eternamente.

L’angelo d’oriente che emozionò il mondo volando: Kim Yu-na

Quando fu varcata la soglia tra il pattinaggio e l’ode poetica più profonda

Kim

Quando ci si ritrova a disquisire su una delle figure più grandi dello sport di sempre in senso generale e non limitato alla personale disciplina, è una cosa incredibilmente complicata. E’ maledettamente difficile.

Ma non è difficile perché magari bisogna andare a scovare record e numeri per spiegare le sue gesta sul campo, quelli volendo si possono trovare in poco tempo e fare dei recap di cifre e quant’altro è anche cosa abbastanza semplice, bensì perché è dura trovare delle parole che vadano a coincidere con il sostantivo di immensità.

Perché Kim Yu-na è una delle cose più immense che lo sport potesse regalare allo sguardo del mondo che ha avuto, nel tempo, il privilegio di ammirarla.

Nata 27 primavere fa a Gyeonggi nella parte meridionale della Corea del Sud, questa straordinaria atleta asiatica cominciò a pattinare sul ghiaccio dall’età di sette anni facendo già capire agli addetti ai lavori che avevano dinnanzi ai loro occhi davvero un qualcosa si veramente oltre. Oltre ogni possibile immaginazione perché se oltre al talento che madre natura ti ha donato hai sin da quel momento una totale dedizione ai sogni che coltivi dentro di te, una cultura del lavoro maniacale, allora hai già messo in preventivo la possibilità di arrivare ai traguardi più alti a disposizione. E non è nemmeno esagerato già parlare di ipoteche sportive sin da quel momento.

Tecnica sublime, eleganza nelle movenze, Kim ha cominciato a forgiarsi  in Canada dove ha avuto modo di perfezionarsi cominciando a gettare le basi per porre in essere le meraviglia che poi l’hanno portata ad incantare le platee mondiali dove ebbe modo di conquistare la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Vancouver nel 2010 e quella d’argento a Sochi 2014,  due Campionati del Mondo nel 2009 e nel 2013, la vittoria nel torneo dei Quattro Continenti nel 2009, tre Grande Prix nelle stagioni agonistiche 2006–2007, 2007–2008, 2009–2010, oltre a nove Campionati Nazionali della Corea Del Sud cui si aggiungono i trionfi in categoria juniores, come il Mondiale e il Grand Prix portati a casa nel 2006.

Come per pochi altri atleti, dove un altro esempio può essere benissimo Yuzuru Hanyu, non serve essere dei massimi esperti di pattinaggio su ghiaccio per capire nel dettaglio quando qualcuno sia speciale; non serve sapere nello specifico passaggi, metri di valutazione, e via discorrendo perché semplicemente immediatamente all’occhio umano quando qualcuno è in grado di andare al di là dello sport per poi sconfinare nella poesia, nell’arte, nel capolavoro più assoluto; ecco Kim Yu-na è stata molto abile a fare tutto ciò in quanto tale lavoro gli è risultato abbastanza semplice in quanto ha eseguito il tutto sempre con estrema naturalezza.

Lei, nei fantastici anni che vanno dal suo esordio nel 2006 al suo ritiro nel 2014 è stata la Regina con la R maiuscola non soltanto per i risultati ottemperati nel corso della carriera, sarebbe oltraggioso ridurla a tutto ciò, ma per lo sconfinato amore che imprimeva in ogni singolo gesto atletico; non era un movimento meccanico o preciso, era semplicemente elegante e poetico, semplice e raffinato, unico e sensuale, esattamente come un quadro prezioso che vedi esposto in uno dei musei più prestigiosi del mondo. Non era per tutti, era principalmente per tutti coloro che rimangono incantati per coloro che vanno al di là del risultato semplicemente perché Kim Yu-na è stata un qualcosa in più.

Aveva un modo di pattinare talmente coinvolgente che spesso, al termine dei suoi programmi, ti portava a livelli emotivi davvero notevoli: la trottola d’angelo  rovesciata all’indietro con la gamba piegata, la rovesciata dove eseguire direttamente il doppio axel, la combinazione doppio axel-triplo toe-loop o la combinazione doppio axel-doppio toe-loop-doppio rittberger; questi sono solo i cavalli di battaglia di un “menu” talmente ricco che ti portava a comprendere l’essenza dello sport e la comprensione del livello più alto della poesia associata alle competizioni agonistiche.

https://www.youtube.com/watch?v=cvJo8g34-aQ

Non era davvero per tutti, era come entrare per la prima volta all’interno di un ristorante stellato e comprendere la differenza rispetto a tutti gli altri posti che fin lì avevi visitato. Kim Yu-na è stata oltre l’atleta, è stata un autentico viaggio in prima classe da godersi per tutto il tempo che è durato consapevole che non era una visione che ti sarebbe capitata facilmente nel corso della vita. E’ stata unica, oltre i record e la prestazioni; la sua manualità, la sua capacità di coprire ampi spazi della pista e allo stesso tempo imprimere grandi tecnicismi con una velocità che ti lasciava a bocca aperta per rapidità di esecuzioni e precisione ai limiti della comprensibilità.

https://www.youtube.com/watch?v=hgXKJvTVW9g

Siccome le Leggende sono capaci di emozionarci anche oltre la pista, l’ultimo regalo ce lo ha donato venerdì 9 del febbraio scorso alla cerimonia di inaugurazione dei XXIII Giochi Olimpici invernali di scena a PyeongChang nella sua Sud Corea, dove Kim Yu-na o meglio, “Queen Yu-na” come menzionato da Massimiliano Ambesi durante la cronaca della cerimonia andata in onda su Eurosport, che ha celebrato la fuoriclasse coreana del pattinaggio di figura come penso nessuno abbia mai realizzato, in quel contesto e nel corso della sua vita agonistica, ossia da meraviglia incantevole qual’è attraverso la firma e la voce più autorevole di tutte, è stata l’ultima protagonista della stessa: comparsa dal buio si è messa a danzare sotto il braciere olimpico disegnando in un piccolo spazio quella sontuosità cui ci ha abituati nel tempo precedendo il suo innesco della fiaccola per accendere il sacro fuoco di Olimpia.

Non poteva esserci inizio e tributo migliore da riferire. Semplicemente perfetto. Come lei.

Oggi Kim Yu-na è una Leggenda dentro e fuori il suo paese, una delle donne più ricche del mondo orientale grazie ad una serie a dir poco impressionante di sponsor cui fa capo; persona meravigliosa fuori ma anche dentro essendosi sempre messa in prima linea per una serie incredibile di iniziative benefiche anche come ambasciatrice dell’UNICEF a dimostrazione che il tanto bistrattato sport spesso e volentieri ci dà spazio per storie meravigliose che vanno al di là dell’ambito atletico.

Meraviglia è proprio il termine più adatto in merito a questo contesto. C’è un aforisma molto bello a cura di Fabrizio Caramagna, un noto scrittore torinese, che afferma  che:

ovunque, mescolate alle particelle d’aria che respiriamo, ci sono particelle di meraviglia e di impossibile, e solo la destrezza di un mago riesce a catturarle.

Come spesso avviene in questi casi, il tutto è di assoluta attualità in questo contesto, un contesto dove Kim Yu-na non soltanto ha creato meraviglia e impossibile, ma ha fatto comprendere al mondo intero che ha avuto il privilegio di ammirarla, che ad esse si può aggiungere anche un altro fattore che fa da collante ad entrambe e ci fa vedere il mondo sotto un’ottica migliore: la magia.

La magia di creare, di stupire, ma soprattutto di brillare e di volare come solo un angelo sa fare e dove Kim, in tutto questo, è stata la più bella e la più lucente.

La tenacia mescolata al talento: la ricetta vincente di Raffaella Brutto

Alla scoperta della talentuosa atleta azzurra protagonista nella Coppa del Mondo di Snowboard Cross

Brutto

“C’è qualcosa di molto più prezioso, raffinato e raro del talento. È il talento di riconoscere le persone di talento.”

                                                                    (Elbert Green Hubbard)

Talento.

Occhio a questo capoverso perché sarà il leit motiv del presente articolo.

Già. Se andassimo a prendere un normale dizionario e cercheremmo questo breve ma significativo sostantivo, troveremmo come spiegazione: “inclinazione o disposizione dell’animo riconducibile a varie determinazioni, quali il desiderio, il gusto, l’impulso o l’istinto.”

Se prendessimo in particolare quest’ultimo riferimento, ossia l’istinto, per poi coniugarlo all’oggetto di questi primi capoversi, il talento, in un’ottica prettamente sportiva potremmo trovare innumerevoli esempi in particolare nelle discipline invernali.

Ce ne sta uno però di esempio, in particolare, che risulta perfettamente calzante in merito alla nostra tesi in quanto va a collocarsi su una atleta nostrana che ha fatto del talento la chiave di volta della sua passione e dei suoi successi agendo istintivamente su ogni pista aggredendo con sconfinata forza ogni centimetro: Raffaella Brutto.

Raffaella Brutto 30 anni, cui la splendida Genova le ha dato i natali, facente parte del Centro sportivo olimpico dell’Esercito italiano è una delle migliori atlete di snowboard cross che i nostri colori azzurri abbiano avuto modo di osservare in tanti, tantissimi anni di agonismo.

Atleta veloce ed istintiva nel dettaglio, nel tempo ha contribuito a portare in alto i nostri colori sulle nevi di gran parte del mondo; ha vinto per ben sei volte i Campionati Italiani di snowboard cross di cui ben quattro consecutivi (dal 2007 al 2010) e dal 2006 è parte integrante del circuito di Coppa del Mondo dove ha collezionato due vittorie in gare di squadre con la nostra Michela Moioli neo-campionessa olimpica a PyeongChang2018 rispettivamente nel 2013 a Montafon in Austria, e nello scorso marzo 2017 a Veysonnaz in terra elvetica.

Ci sono delle atlete che ti colpiscono profondamente ma non solo per il loro palmares che detengono, questo può essere ampio o no a seconda dei casi, ma dalla loro classe e dalla forza di volontà che le spinge ancora una volta lontano gettando il cuore oltre l’ostacolo superando quelle difficoltà che alle volte, la vita inevitabilmente, ti mette davanti: leggendo la sua biografia sportiva ho scoperto che Raffaella Brutto nel 2011 ha subito la rottura del legamento crociato del ginocchio anteriore e, dopo mesi di riabilitazione, è tornata in pista la stagione successiva vincendo una gara in Coppa Europa e prendendosi un meraviglioso secondo posto in Coppa del Mondo a Montafon.

Lì per lì pensi, accidenti, un dolore può metterti a terra ma non può cancellare il tuo talento e la tua forza.

In questo weekend ho avuto modo di rivederla all’opera dove era approdata in finale in quel di La Molina in Spagna alla ripresa della Coppa del Mondo dopo le fatiche olimpiche, e se non fosse stata per una caduta occorsagli nella stessa per colpe non sue probabilmente avrebbe fatto la voce grossa a coronamento di un percorso sin lì a dir poco irresistibile; ma al di là di questo episodio sfortunato che vuoi o non vuoi nel corso delle gare può avvenire, ciò che mi ha impressionato è stata la fluidità della sciata e la determinazione che ci ha messo in ogni centimetro  con il suo snowboard e pensi che, davanti a tanta passione, puoi solo fare un inchino e toglierti il cappello perché se dopo tanti anni sei ancora lì a dare il massimo, se lotti per arpionare sempre una nuova vittoria, se lotti ancora per migliorarti giorno dopo giorno, pensi che hai trovato uno degli esempi migliori da prendere in considerazione; da utilizzare in particolare nelle discussioni con tutti coloro che vogliano mollare qualcosa perché pensa di non arrivarci.

Nessun risultato può essere ottenuto senza spirito di sacrificio, senza lotta, senza istinto. Puoi avere il talento si, è molto vero questo, ma se non lo “condisci” con il lavoro rimane fine a se stesso come una cornice meravigliosa priva di colori al suo interno.

Raffaella però la sua cornice l’ha riempita non soltanto con i suoi immensi successi, ma anche con la voglia di rialzarsi e di dimostrare al mondo e a se stessa di poter riuscire ancora una volta ad emozionare al di là di ogni cosa.

E’ questa che è stata tornando alla denominazione del nostro articolo, la sua ricetta vincente. Che è la stessa da sempre. Che è le medesima che son pressoché certo la porterà ancora più lontano di quanto sogna.

Ci sono storie nel mondo dello sport che, seppur non collocate nei riflettori di prime serate, riescono a farti emozionare perché ti dimostrano che dalle piccole cose possono venire alla luce ancora grandi sensazioni in grado di farti suscitare la pelle d’oca.

In questo senso un grande grazie va alla splendida Raffaella la quale, di queste cose, ci ha portato a scuola insegnandoci molto con la certezza che ci insegnerà ancora molto.

 

La fuoriclasse carismatica e silenziosa: Federica Brignone

Alla scoperta della nostra campionessa che con eleganza e umiltà si è imposta nei risultati che contano

Brignone

Gandhi una volta disse: “in un atteggiamento di silenzio l’anima trova il percorso in una luce più chiara, e ciò che è sfuggente e ingannevole si risolve in un cristallo di chiarezza.

Non so perché, ma quando ho letto questo aforisma mi è venuto immediatamente e spontaneamente in testa il gesto sportivo di Federica Brignone.

Probabilmente perché le atlete più eleganti coniugano il concetto di vittoria con quello del silenzio lasciando far rumore solo ed esclusivamente a quei fattori che coincidono con la vittoria, e che sono nettamente più frastornanti delle semplici parole.

Già, perché non sei una qualunque se vinci un Mondiale Junores, un argento mondiale, un bronzo olimpico, 5 campionati nostrani e classificandoti (Per adesso…) come la terza atleta italiana più vincente della storia tra le donne dietro certe persone che portano all’anagrafe i cognomi ed i nomi di Compagnoni Deborah e Kostner Isolde.

Federica Brignone è semplicemente un’atleta sensazionale. Polivalente e performante sia sul tecnico che sul veloce, negli anni a partire dalla prima vittoria in Coppa del Mondo nell’ottobre del 2015 nel gigante di Solden, ha lavorato costantemente giorno dopo per migliorarsi ed aumentare la progressione nella sua sciata che l’ha portata a conquistare 8 vittorie attualmente parziali tra gigante, combinata, e super-g affermandosi non soltanto come atleta di livello ma anche denotando notevolissimi margini di miglioramento per le stagioni che verranno anche sulle superfici più rapide dove, agli inizi carriera, un pò faticava ad emergere.

Nata a Milano ma residente in Val d’Aosta, la nostra ventisettenne gigantista si è distinta sempre oltre ai risultati anche per essere una leader davvero silenziosa del nostro movimento non ponendo in essere mai una parola fuori posto ed essendo anche un esempio per le colleghe e i tutti gli addetti ai lavori cui la stima non manca mai.

Di certo non poteva essere altrimenti, perché se sei in gamba e fai della tua passione il tuo lavoro andando al di là di ogni ostacolo, di ogni infortunio, non demordendo mai e cercando sempre con le unghie e con i denti di essere ciò che magari sognavi da bambina, di ottenere quelle medaglie iridate e olimpiche che sono nei desideri di chiunque intraprenda una professione sportiva, il futuro non può che sorriderti sempre e ripagarti con le migliori soddisfazioni possibili luminose tanto quanto lo sguardo unico e raro in fatto di immensità della nostra splendida atleta facente parte del gruppo sportivo dell’Arma dei Carabinieri.

Di Federica personalmente l’immagine più bella che ho di lei è di epoca recente, e riguarda la vittoria della medaglia di bronzo nello slalom gigante di PyeongChang qualche giorno fa alle XXIII Olimpiadi Invernali; vero, c’è il rammarico perché per un distacco davvero breve poteva arpionare qualcosa in più, ma al di là delle posizioni podistiche (Che ai Giochi Olimpici contano TUTTE), la soddisfazione di questa ragazza di aver arpionato un risultato che sognava da quando ha mosso i primi passi sulla neve, di aver coronato un desiderio pazzesco,  mi ha dato la sensazione che essa per lei si fosse tradotta in un coronamento meraviglioso, in uno spazio dove il tempo si fosse fermato e avesse fatto largo a un profondo mare di emozioni dove sono confluiti tutti gli affluenti che con se han trascinato anni di sacrifici e di lavoro, di gioie e di dolori, di sensazioni ed emozioni che ti fanno capire che ce l’hai fatta.

Che sei riuscita dove tanti vogliono e dove pochi arrivano, ma con la certezza e la consapevolezza che non sia quello un punto di arrivo né di partenza ma, al pari di ciò che disse Sofia Goggia dopo aver vinto il fantastico e magico oro olimpico in discesa sempre in Corea, una tappa di un percorso di crescita verso una carriera che può divenire ancor di più straordinaria.

E’ raro trovare in una persona un talento così innato sia dal punto di vista personale che dal punto di vista sportivo, con una voglia di misurarsi che va di pari passo con l’impegno in palestra e in pista, con l’auspicio e la determianzione ogni giorno di regalarsi un’emozione, ancora e ancora.

E’ questo il leit motiv dei campioni, che però le emozioni non solo le creano per sé stessi, ma le condividono. Non solo con la gloria, ma con tutti coloro che ti spingono dal vivo o da casa consapevoli che le stelle, a volte, scendono giù in terra per farti sognare e farti capire quanto sia potente una luce del cielo in un gesto sportivo.

Semplicemente, Federica Brignone.