18 anni fa se ne andava il pilota milanese in un tragico incidente a Klettwitz
C’è stato un tempo in cui guidare era paragonabile a volare nel più celestiale dei sogni.
Con i rumori dei propulsori anni 80 che tanto facevano sognare tifosi ed appassionati come se stessero suonando delle sinfonie sotto rivestimento sportivo di autentici compositori del passato più lontano.
Autentico, come il talento dei protagonisti in pista, spesso sfortunati, ma che hanno reso grande non solo lo sport ma la memoria di tanta gente che si era affezionati a questi piccoli grandi uomini a bordo di telai su 4 ruote con un solo posto.
Tempi lontani, quasi pionieristici, dove la differenza vera la faceva il “manico” del pilota più che una vettura all’epoca priva di elettronica varia e riempita sino all’orlo del talento di chi riusciva a governarla, a domarla.
Tempi in cui c’era un ragazzo italiano, classe 1956 nativo di Milano, che con la più pura e adrenalinica passione per le gare non si è mai tirato indietro a nessuna sfida. A nessuna curva, a nessun confronto.
Una passione che, purtroppo, ce lo ha portato via fin troppo presto facendo quello che più amava realizzare, ossia costruire sogni e successi. Un campione d’altri tempi che non si è limitato solo ad analizzare il mondo delle corse ma a studiarlo anche al limite della filosofia inglobandola totalmente nel profondo del suo animo.
Uno che una volta disse che “bisogna approfittare di ogni occasione, perché non sappiamo se ci sarà un’altra possibilità” facendo di questo aforisma un mantra della sua professione e della sua immensa classe tanto lucente quanto rara al giorno d’oggi.
Tempi in cui mettevi la tuta, il casco, entravi in abitacolo e partivi. Sognavi. Senza tanti fronzoli senza tante chissà quali tattiche, senza molti calcoli… A parte quello di spingere al massimo i brividi lungo la schiena come se fossero dei cavalli tali da spingerti il più velocemente possibile.
E questo era uno di quei ragazzi dell’allegro gruppo degli anni 80′ e 90′, amato da tutti e rispettato enormemente per il suo senso di dedizione al suo lavoro e per l’educazione che in ogni occasione ci ha messo dentro e fuori ogni circuito.
Una persona semplice che, della semplicità, ha fatto costituire la chiave dei suoi successi e della sua grandezza che lo ha portato lontano e che nell’immaginario collettivo è riuscito ad imprimere un ricordo indelebile per ciò che è riuscito a scrivere nel corso del tempo e della sua storia.
Un ragazzo d’oro che amava la musica non soltanto motoristica ma anche quella effettiva, che adorava il blues e che praticava lo sci.
C’è stato un tempo solo per la semplicità e per l’enorme grandezza interiore e non solo.
C’è stato un tempo solo per gli eroi.
C’è stato un tempo in cui, c’era Michele Alboreto.
18 anni senza lui.
Giovanni Platania. Blogger sportivo, laureato in legge, appassionato di sport soprattutto invernali. Una frase su tutti, da inserire in questo “viaggio”:
“non leggete come fanno i bambini per divertirvi,o,come gli ambiziosi per istruirvi. No, leggete per vivere.”
(Gustave Flaubert)