Nella storia infinita dello sci alpino, ci sono dei nomi che sono andati ben al di là dallo svolgimento dell’attività di scriventi in sede di albi d’oro in quanto, fortissimamente, sono andati altresì al segnare delle vere e proprie epoche sportive facendo sognare milioni di appassionati andando ad infiammare le competizioni dando vita ad uno spettacolo unico tra rivalità e talenti sopraffini: Marc Girardelli è stato uno di questi.
Il buon Marc, nativo di Lustenau in Austria ha sempre gareggiato però dopo i 13 anni compiuti sotto la bandiera lussemburghese dando al piccolo stato europeo le soddisfazioni più grandi che ci potevano essere sulla neve; Girardelli è stato un simbolo immenso tra le nevi e tra i più polivalenti di ogni epoca: la sua elasticità, la sua forza, gli ha permesso di essere uno dei pochi atleti nella storia a vincere in ogni segmento di gara alpina prevista dal calendario, il primo a riuscirci nell’arco di una stagione tra il 1988 e il 1989.
Se provassimo a chiudere gli occhi e provassimo a ritornare indietro nel tempo, riscopriremmo di certo un’epoca meno tecnologica ma dove la poesia del gesto atletico era il connettore principale per tutti i principali appassionati sportivi, non soltanto invernali, e quello di Girardelli era l’esemplificazione della perfezione di un paio di sci agganciati ai piedi: la rivalità con Zurbriggen, la sua forza mentale, la sua capacità di essere un vero e proprio innovatore nel suo mestiere con una tempra praticamente unica al mondo: una miriade di infortuni che non hanno mai minato le sue certezze basate su un lavoro perfetto come dei fiori di loto nel lontano Sol Levante e su una capacità di autocontrollo rara al giorno d’oggi: sapeva sempre tirare fuori il coniglio dal cilindro quando tutto sembrava difficile da raggiungere, sapeva sorprendere oltre che incantare, elemento comune alle perle sportive.
Avete presente quando vi propinano la frase, “si cade per imparare a rimettersi in piedi”? Beh questa è la vita sportiva di un campione enorme come Girardelli, che è caduto più volta e si è rialzato praticamente vincendo quasi tutto quello che c’era da vincere. Un simbolo, un monumento che limitare allo sci alpino sarebbe anche offensivo oltre che riduttivo.
Un talento incredibile che gli ha consentito di crescere anno dopo anno con allenamenti intensi e potenti che lo hanno relegato nella vetta delle cinque sfere di cristallo overall, prima di Re Marcel Hirscher nessuno è stato come lui, sei coppe di specialità che portano la firma in discesa libera nel 1989 e nel 1994, in slalom gigante nel 1985, nei paletti stretti di slalom speciale nel 1984, nel 1985 e nel 1991, nonché vincitore della classifica di combinata per ben quattro volte (Sebbene non premiato da trofeo) nel 1989, nel 1991, nel 1993 e nel 1995 per un totale di 46 vittorie in 100 podi complessivi: un palmares impressionante all’interno del circuito intercontinentale.
Senza dimenticare i quattro campionati del mondo in quattro iridi differenti, precisamente nella combinata a Crans-Montana 1987, Vail 1989 e Sierra Nevada 1996 e nello slalom speciale a Saalbach 1991; arrivò anche a sfiorare i titoli olimpici, che non arrivarono mai in quanto si dovette accontentare di due argenti ai Giochi di Albertville nel 1992 in super-g e slalom.
I numeri da soli non raccontano la grandezza dei grandi Campioni, come Marc, ma sono i testimoni più fieri di ciò che ha realizzato nel corso di una carriera dove, le montagne più prestigiose di tutto il pianeta, hanno accolto con naturalezza la magnificenza di un atleta come questo che ha reso decisamente migliore e unica la storia dello sci alpino.
Chapeau.
Giovanni Platania. Blogger sportivo, laureato in legge, appassionato di sport soprattutto invernali. Una frase su tutti, da inserire in questo “viaggio”:
“non leggete come fanno i bambini per divertirvi,o,come gli ambiziosi per istruirvi. No, leggete per vivere.”
(Gustave Flaubert)